L’impegno della Rete per la Parità a favore della riforma del cognome

La lunga storia del nuovo cognome, un titolo che ricorda quello di un noto libro, raccoglie in questa parte del sito le notizie riguardanti l’abolizione del patronimico che discrimina le madri e lede il diritto all’identità. Una lunga vicenda italiana, iniziata il 1° gennaio 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione, e non ancora conclusa, nonostante varie ordinanze e due sentenze della Corte costituzionale.

Non ancora è stata approvata la riforma organica del cognome, una legge definita indifferibile dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 286 dell’otto novembre 2016 e di cui è stata ribadita l’urgenza nella seconda sentenza, la n. 131 del 27 aprile 2022.

Come l’odio nella violenza psicologica si può realizzare anche con il silenzio, la sopraffazione degli uomini sulle donne, che in altre parti del mondo si avvale dell’invisibilità imposta con il burqa o analoghi costumi, nei paesi occidentali può concretizzarsi in una narrazione che trascura le donne nella storia, nella toponomastica, nei mass media e nell’anagrafe.

La Rete per la Parità, contro i silenzi e l’invisibilità che opprimono le donne e ledono il loro diritto all’identità, sin dalla propria fondazione nel 2010, ha inserito la questione del cognome della madre all’interno di una delle sue tre linee guida.

Una vicenda emblematica di ritardi, di indifferenza, di frequenti richiami a cose più importanti e urgenti, che caratterizzano in Italia il lungo e difficile cammino verso la piena parità formale e sostanziale uomo-donna e la completa attuazione della Costituzione.

Costante è stato l’impegno della Rete per la Parità. Come preannunciato nel 2011 da Rosanna Oliva de Conciliis nella relazione al Convegno Nominare per esistere: nomi e cognomi, organizzato dal Comitato per le Pari Opportunità dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Nel 2016 l’associazione ha presentato un proprio atto d’intervento nel giudizio davanti alla Corte costituzionale derivante dal ricorso contro il Comune di Genova dei coniugi Galli e Magalhães. Grazie a tale ricorso, la Corte ha emesso la prima sentenza, la n. 286/2016.

L’impegno della Rete per la Parità è stato sostenuto dalle associazioni e dalle università aderenti, in particolare Zonta, al quale apparteneva Maria Magnani Noya, prima sindaca di Torino, che presentò già nel 1979 la prima proposta di legge in materia di attribuzione del cognome a figli e figlie rispettoso della parità tra i genitori.

Dal 2017 al 2021,  ogni otto novembre, la Rete per la Parità ha celebrato l’anniversario della sentenza. Nel 2022 è intervenuta la seconda sentenza della Corte e il ruolo dell’associazione è ancora necessario, data l’inerzia del Legislatore.