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Intervista sulla “Par condicio di genere” alla nostra presidente Rosanna Oliva

Su VignaClaraBlog l’intervista sulla “Par condicio di genere” alla nostra presidente Rosanna Oliva


Elezioni, zoom sulla par condicio di genere

Con la modifica alla legge 28 del 2000, dal 26 dicembre 2012 è entrata in vigore quel che viene definita “la par condicio di genere”. In occasione delle elezioni i mass media, oltre a dare ugual spazio ai partiti, devono darlo anche ai candidati di sesso femminile. Quanto questa novità è già nota e quanto viene rispettata e applicata? Ne parliamo con Rosa Oliva, portabandiera delle pari opportunità tra donne e uomini.

Rosa Oliva, residente a Vigna Clara, esponente di spicco dell’associazione “Aspettare Stanca” e del “Comitato Cittadino XX Municipio”, nel 1960, con il suo ricorso alla Corte Costituzionale, portò alla cancellazione della norma che impediva l’accesso alle donne alle principali carriere pubbliche (leggi qui).
Nel 2010 è stata nominata Grande Ufficiale dal Presidente della Repubblica e le è stato assegnato in Campidoglio il Premio Minerva all’Uguaglianza di Genere.

Chi meglio di lei per illustrarci questa novità?

Rosa, il tuo impegno a favore delle pari opportunità ti ha portato, assieme a tante altre donne, a batterti per la par condicio di genere. Raccontaci la genesi di questa singolare battaglia. Quanto sforzo è stato necessario per giungere alla modifica della legge 28 del 2000?

L’impegno è stato notevole, ed è stato necessario aspettare per quasi un decennio (mai nome fu più indovinato per la piccola Associazione Aspettare stanca, fondata nel 2006 da un gruppo di donne del XX Municipio). Già la legge della Regione Campania n. 4 del 2009, passata al vaglio della Corte Costituzionale, oltre ad introdurre la doppia preferenza di genere regolava la presenza delle candidate durante le campagne elettorali, naturalmente con efficacia locale.

La norma nazionale è frutto di un’azione congiunta delle parlamentari di maggioranza e opposizione, supportata dall’esterno da Associazioni di donne che sostenevano le loro ragioni.
Come anni fa in occasione dell’approvazione della legge contro la violenza sessuale, un Parlamento a maggioranza schiacciante di uomini ha resistito a innovazioni che dovrebbero essere obiettivo di tutte e tutti, non solo delle donne.

Ho seguito personalmente il lungo e difficile iter della legge 215 del 2012, la cui finalità principale è l’introduzione della doppia preferenza di genere per l’elezione dei consigli comunali. Per la verità, le parlamentari e le associazioni hanno cercato di far introdurre la doppia preferenza di genere anche per le elezioni regionali, ma inutilmente, per cui a febbraio nel Lazio, in Lombardia e in Molise sarà possibile esprimere soltanto una preferenza, limite che svantaggia le candidate. Forse ne dovremmo parlare a proposito delle prossime elezioni regionali e in prossimità di quelle amministrative di primavera.

Comunque la modifica della legge sulla par condicio è stata approvata soltanto grazie all’alleanza trasversale delle parlamentari e alle pressioni, per evitare l’invisibilità delle donne durante le campagne elettorali, dell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che raccoglie 51 associazioni, ( tra cui Aspettare stanca e Rete per la Parità.

Spiegaci ora per bene da chi e come dovrebbe, anzi come deve essere applicata la par condicio di genere.

La norma é rivolta ai mezzi di informazione, che dal 26 dicembre del 2012 sono tenuti non solo a “garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici, l’accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica” in particolare “durante le campagne per l’elezione al Parlamento europeo, per le elezioni politiche, regionali e amministrative e per ogni referendum” ma nelle trasmissioni per la comunicazione politica, sono anche tenuti “al rispetto dei principi di cui all’articolo 51,primo comma, della Costituzione, per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini”.

Si tratta di una delle norme della legge a costo zero Mai più donne invisibili che la Rete per la Parità, un’altra delle associazioni firmatarie dell’Accordo per la democrazia paritaria, aveva chiesto al Governo Monti. In aderenza alla nuova norma e con riferimento anche al Contratto di servizio nel quale, sempre grazie alle pressioni delle donne, erano state introdotte disposizioni attente al genere, il Regolamento della Commissione di vigilanza RAI in vigore dal 6 gennaio ha disposto che sia assicurata “parità di condizioni nell’esposizione di opinioni politiche”, ma anche “un’equilibrata rappresentanza di genere tra le presenze”.

Il Regolamento della Commissione vale per il servizio pubblico, mentre è stato più difficile ottenere disposizioni di attuazione (approvate soltanto il 16 gennaio a seguito di una lettera di protesta dell’Accordo) dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che regolamenta anche le emittenze private ed è competente per far osservare le regole anche nel servizio pubblico.

Questa la teoria. Ma la pratica? Nella campagna elettorale in corso, ti risulta che la legge venga rispettata?

Se guardiamo in questi giorni, l’avvio della campagna elettorale nelle televisioni si direbbe proprio di no: ci viene servito il solito monopolio maschile e maschilista, salvo rare eccezioni.
La norma è ancora troppo recente e poco conosciuta? Sicuramente uno dei motivi è questo e come Accordo stiamo cercando innanzitutto di farla conoscere, e ringrazio VignaClaraBlog.it per questa intervista.

Ci sono anche altri fattori che incidono: innanzitutto le carenze della stessa legge originaria sulla par condicio, ormai datata, con un’Autorità di garanzia, collegata anche ad un CORECOM in ciascuna Regione che è piuttosto contestata. La Commissione parlamentare ha tutti i limiti della sua origine, ma, forse anche grazie all’impegno di un grande giornalista, il senatore Zavoli che la presiede, svolge i proprio compito correttamente.

Più oscuro il ruolo del terzo attore, il Ministero delle Comunicazioni, che per la sua connotazione ancora più “politica” degli altri due organismi, risente anche di tutti i limiti della legge sull’emittenza televisiva, la cosiddetta legge Gasbarri, degna erede della Legge Mammì.

Esistono sanzioni per il mancato rispetto?

Per ipotizzare l’applicazione di sanzioni ai comportamenti difformi dagli obblighi previsti dalla par condicio di genere, occorrono due presupposti: che la difformità sia ufficialmente rilevata e che scatti l’iniziativa dell’AGCOM. Per il monitoraggio purtroppo ci risulta che le tabelle elaborate in campagna elettorale sono state finora pubblicate sul sito dell’AGCOM in una versione ridotta, senza la parte dedicata alle fasce di programmazione e alla presenza di uomini e donne.

Come Accordo chiederemo formalmente a RAI e AGCOM che sia effettuato anche il rilevamento del pluralismo di genere e che venga assicurata la massima informazione per assicurare il rispetto delle nuove disposizioni.
Sulle sanzioni, ma soprattutto sull’obiettivo del riequilibrio, stiamo elaborando altre iniziative.

Dobbiamo approfondire i meccanismi della legge sulla par condicio e, come sempre accade, partendo da una questione che coinvolge le donne, si scopre che bisogna affrontare problemi più generali, che riguardano la democrazia, non solo quella paritaria.

Secondo te, sono i media a non privilegiare le donne in politica o sono i partiti a tenerle lontane dalla stanza dei bottoni e dai riflettori?

Nonostante la presenza di tante donne giornaliste nei media, anche in questi prevale, come nei soggetti politici, una schiacciante maggioranza di uomini nelle stanze dei bottoni. Comunque i reali interlocutori sono proprio i partiti e i movimenti politici.
Prosegue l’impegno delle associazioni di donne per evitare che la posizione dominante degli uomini porti a una reazione gattopardesca.

L’appuntamento è per il prossimo 28 gennaio, quando sarà presentata l’Agenda della democrazia paritaria, per presentare e discutere gli impegni per la prossima Legislatura e per garantire la Par condicio di genere in questa campagna elettorale.

Claudio Cafasso

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