Impugnativa davanti alla Corte costituzionale della Legge statutaria sarda

Impugnativa davanti alla Corte costituzionale della Legge statutaria sarda: un’occasione persa, ma se vuole il Presidente del Consiglio dei Ministri fa ancora in tempo a rimediare

Il Consiglio dei Ministri del 2 agosto ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge statutaria elettorale sarda ma non per le motivazioni espresse nella richiesta avanzata il 24 luglio da molte Associazioni sarde e nazionali, riguardanti l’incompletezza della legge, che con l’art. 4 comma 4 introduce soltanto un tetto alle candidature di ciascun genere senza garantire le pari opportunità.

Un’occasione persa, ma se vuole il Governo può rimediare: c’è ancora l’intero mese di agosto per integrare la decisione del Consiglio dei Ministri, secondo la richiesta formalmente inoltrata al Presidente del Consiglio dall’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che riunisce 55 organismi tra i quali anche la Rete per la Parità.

L’unica norma considerata dal Governo è quella dell’art. 22 comma 3, che riguarda la previsione dell’incandidabilità/ineleggibilità del (della) presidente della Regione in caso di dimissioni prima della fine naturale della legislatura.

Il colmo è che il contrasto individuato dal Ministro Delrio, riferito all’articolo 22, comma 3, riguarda due articoli (3 e 51 della Costituzione), che sono tra quelli da considerare, secondo le associazioni, ai fini del ricorso alla Corte costituzionale ma con riferimento all’articolo 4 comma 4, che omette di promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

Il Governo, quindi, si è mosso solo per difendere i diritti di chi copre cariche istituzionali, trascurando del tutto le questioni di genere.

Il primo, grave e clamoroso effetto della delega alle Pari Opportunità a una viceministra – denunciano le Associazioni – e non ha neanche funzionato, com’era facilmente prevedibile, il pubblico impegno da parte di Enrico Letta a farsi carico nel CdM delle questioni per le Pari Opportunità e a invitare la viceministra ogni volta che tali questioni sarebbero state trattate.

Roma. 4 agosto 2013

segreteria.reteperlaparita@gmail.com


Scarica la lettera al Presidente del Consiglio Enrico Letta

Se Non Ora Quando: “Emendamento salva-stalker: misura indegna di un Paese civile”

L’emendamento che esclude gli stalker dalla custodia cautelare in carcere è una misura indegna di un Paese civile. Il movimento Se Non Ora Quando, nato dalle piazze il 13 febbraio 2011, critica aspramente la modifica votata da Palazzo Madama al decreto “svuota carceri” con il parere favorevole del Governo e chiede alla Camera di invertire la rotta e rimediare al grossolano errore.

Prevedendo che la custodia cautelare in carcere (articolo 280, comma 2, del Codice di procedura penale) sia limitata solo “ai delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni”, la norma salva gli stalker dalla custodia cautelare, perché il reato di stalking prevede una pena detentiva dai sei mesi ai quattro anni.

La modifica porta così al paradossale risultato di non contrastare affatto con misure congrue l’escalation di femminicidi, il più delle volte preceduti da molteplici denunce delle vittime nei confronti di chi poi si trasforma nel loro assassino.

Se Non Ora Quando esprime il suo sdegno e auspica che la commissione Giustizia della Camera sani questa palese ingiustizia. Di ben altro hanno bisogno le donne perseguitate dai propri stalker, a partire da un Piano nazionale antiviolenza, nonché della piena attuazione delle indicazioni comunitarie e internazionali per prevenire abusi e maltrattamenti.

Sbagli o disattenzioni non possono più accadere visto il ripercuotersi sulle vittime di una violenza gratuita, umiliante e purtroppo letale, quando non fermata in tempo. La modifica del testo è indispensabile: le deputate e i deputati di tutte le forze parlamentari diano prova della sensibilità delle Istituzioni e della politica tutta riguardo un dramma che coinvolge migliaia di donne. Il faro c’è, ed è quella Convenzione di Istanbul che questo stesso Parlamento ha appena ratificato all’unanimità.”

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Illustre Presidente,
nel prossimo mese di settembre dovrà essere nominato un nuovo Giudice Costituzionale per la scadenza naturale di un mandato.

Poiché attualmente la Corte Costituzionale vede la presenza di una sola Giudice, sottoponiamo alla Sua attenzione l’opportunità di nominare un’altra donna per rivestire tale ruolo.

Le rivolgiamo questo caldo invito poiché riteniamo non giustificabile l’attuale esigua presenza femminile, anche in considerazione della possibilità di individuare agevolmente tra le donne competenze adeguate.

Come Accordo di Azione Comune per la Democrazia Paritaria – ricorderà che abbiamo avuto l’onore di essere state da Lei ricevute nell’aprile 2012 – da anni stiamo sostenendo a tutti i livelli e nelle varie circostanze la necessità di incrementare le presenze femminili nei luoghi della rappresentanza politica e istituzionale del nostro Paese. L’intento delle 55 Associazioni che hanno sottoscritto l’Accordo è quello di colmare il divario – ormai insostenibile e ingiustificabile – tra le competenze delle donne italiane e la loro presenza sulla scena pubblica.

Contiamo dunque sulla Sua sensibilità e sui richiami da Lei più volte esplicitati circa la necessità di dare valore alle donne italiane anche allo scopo di sostanziare la nostra democrazia e rinvigorirne la presenza a tutti i livelli pubblici.

Le inviamo i nostri deferenti saluti.

ACCORDO COMUNE PER LA DEMOCRAZIA PARITARIA

per contatti :
Daniela Carlà /cell 331 6986527 – 338 8379840
Marisa Rodano / cell 339 8880635
Roberta Moroni / cell 347 7502895