Verso il nuovo CSM. Il Parlamento dovrà rispettare l’equilibrata presenza di uomini e donne

Il prossimo 13 dicembre il Parlamento sarà chiamato in seduta comune a eleggere i dieci componenti laici del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura.

Per la prima volta l’elezione dovrebbe avvenire sulla base del criterio di “trasparenza nelle procedure di candidature” e “nel rispetto della parità di genere“, come sancito dalla legge n. 71 del 2022.

Nell’avviso pubblicato sui siti di Senato e Camera, per quanto riguarda la parità di genere, si prevede che deve appartenere al genere meno rappresentato il 40% dei candidati. Ove nel termine del 10 dicembre, fissato per la presentazione delle candidature, non risulti raggiunta la percentuale suddetta, sono previsti per tali candidature altri due termini: il 12 dicembre e da ultimo il 13 dicembre a cura dei Gruppi parlamentari, per assicurare la percentuale minima prevista per il sesso sottorappresentato.

Come associazione che si adopera fin dalla sua fondazione nel 2010 per il pieno riconoscimento della parità uomo – donna sancita dalla Costituzione, auspichiamo che tutti i Gruppi parlamentari (è necessaria la maggioranza dei 3/5 dei componenti l’assemblea) arrivino al voto previsto per lo stesso 13 dicembre mediante un percorso di valutazione in trasparenza delle candidature che saranno pubblicate quotidianamente sul sito della Camera, nel rispetto del criterio della parità di genere imposto anche dalle norme costituzionali, (artt. 3 e 51), da atti comunitari e dall’obiettivo 5 dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Purtroppo quanto avvenuto in questo primo avvio della Legislatura suscita preoccupazioni: nel nuovo Parlamento nel quale si è ridotta la presenza delle donne (si è passati alla Camera dei deputati dal 35,71% al 32,25% e al Senato dal 34,69% al 34,47%), la maggioranza non ha eletto nessuna donna nelle Presidenze delle Commissioni (quattordici presidenti uomini a fronte delle sei Presidenti donne nella diciottesima legislatura), e nel Senato sono state elette soltanto due donne a fronte delle tre della precedente legislatura.

La Rete per la Parità – dichiara Rosanna Oliva de Conciliis, presidente onoraria dell’associazione – nell’ambito dell’impegno per favorire il rispetto dei principi costituzionali, ha costantemente approfondito anche il tema della ridotta presenza di donne nel Consiglio Superiore della Magistratura e della necessità di norme elettorali di garanzia di genere nell’elezione dello stesso. La prima iniziativa è stata, nel lontano 2014, il Convegno L’equilibrio di genere nelle giunte e nei consigli di amministrazione”.

In questa delicata fase dell’avvio verso il primo CSM composto con le nuove regole – conclude Rosanna Oliva de Conciliis – proseguiremo nell’impegno per assicurare l’equilibrata presenza di donne e uomini nei luoghi decisionali, quale appunto il CSM.”.

La Rete per la Parità e il suo Comitato Scientifico si augurano che sia presentato un consistente numero di candidature di avvocate e di docenti universitarie in possesso dei requisiti e che il Parlamento assicuri tra i componenti laici l’equilibrata presenza di uomini e donne nel CSM, organo costituzionale garante dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato.

Doppio cognome. Mai più denunce presentate dal solo padre. 8 novembre 2016 – 8 novembre 2022

A sei anni dalla prima sentenza 286/2016 e a otto mesi dalla seconda sentenza n. 131/2022 della Corte costituzionale , ancora non è stata approvata la Riforma organica del cognome necessaria per completare l’abolizione del patronimico.

La Rete Per la Parità ancora una volta denuncia, sulla base dell’esperienza e con la forza dell’azione finora intrapresa, la responsabilità del Legislatore per la mancata approvazione delle norme indicate dalla Corte costituzionale per completare la cancellazione dall’ordinamento di norme in contrasto con i principi fondamentali della tutela dell’identità e della parità tra i sessi.

Una lunga vicenda italiana iniziata il 1° gennaio 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, e non ancora conclusa. Una vicenda sottovalutata nonostante la Corte costituzionale, quasi sei anni fa, nella sentenza n. 286 dell’otto novembre 2016 abbia definito indifferibile la riforma organica del cognome. La Corte quest’anno è tornata a occuparsi della questione perché chiamata a decidere su altri due ricorsi e ha emesso una seconda sentenza, la n. 131 del 27 aprile 2022, pubblicata il primo giugno in Gazzetta ufficiale, in base alla quale risulta decaduto l’automatismo del solo cognome paterno ai figli e alle figlie.

Un ritardo che è anche un segnale di come sia ancora pieno di ostacoli il cammino verso la piena parità formale e sostanziale uomo/donna e la completa attuazione della Costituzione.

La Rete per la Parità continua a chiedere almeno una modifica al regolamento dell’anagrafe e stato civile per risolvere, in attesa della legge, alcuni dei problemi che devono affrontare gli uffici anagrafici.

È necessario, inoltre, che l’ANCI intanto provveda, anche per assicurare omogeneità in tutto il territorio, a far aggiornare le notizie pubblicate su tutti i siti dei comuni per informare in tempo utile i futuri genitori e formi adeguatamente il personale addetto.

In questi anni la Rete per la Parità, insieme con altre associazioni e con costituzionaliste e costituzionalisti, ha approfondito gli aspetti tecnico-giuridici e sociali della vicenda e proseguirà nell’impegno per far rispettare la Costituzione, anche per le tante coppie italiane che testimoniano quotidianamente il rispetto reciproco, l’eguaglianza nei rapporti familiari e la condivisione della responsabilità genitoriale verso le figlie e i figli.

A breve sarà organizzato un seminario “operativo” per individuare le nuove modalità per la presentazione delle denunce e la registrazione delle nascite e delle adozioni, informare sulla possibilità del doppio cognome ora previsto per legge e facilitare la scelta da parte dei genitori.

Il 27 aprile 2023 ricorrerà il primo anniversario della sentenza n. 131/2022, l’augurio è che per quella data il Legislatore abbia adempiuto al proprio compito.

Italia, 8 novembre 2022