La Corte Costituzionale e il doppio cognome per legge.

La scelta di comune accordo dei genitori solo in seconda battuta.

Con l’ordinanza pubblicata l’11 febbraio la Corte, relatore il giudice Giuliano Amato come nella sentenza n. 286/2016, ha preannunciato che esaminerà l’intera normativa sull’attribuzione del cognome, senza farsi condizionare, come in passato, dal rispetto delle cosiddette rime obbligate, cioè anche se sarà necessaria una sentenza additiva. E’ la prima volta che la Corte decide in tal senso.

Rosanna Oliva de Conciliis, presidente della Rete per la Parità, dichiara: “E’ una decisione che fa ben sperare. Una prima volta analoga a quella dell’esercizio da parte del Governo dei poteri sostitutivi per inserire nelle leggi regionali la doppia preferenza di genere. Non è un caso che queste grandi novità siano arrivate per la pressione da parte di donne che non accettano il mancato riconoscimento della piena cittadinanza. L’inerzia del Legislatore non è giustificabile perché contrasta con il secondo comma dell’art. 3 della Costituzione che impone alla Repubblica di farsi carico dei provvedimenti per rendere effettiva l’uguaglianza sancita nel primo comma dello stesso articolo”.

Rete per la Parità è stata fondata dieci anni fa in occasione delle celebrazioni dei cinquanta anni della sentenza n. 33/1960 che aprì alle donne le principali carriere pubbliche. E’ impegnata fino al 13 maggio di quest’anno per celebrare i 60 anni di questa sentenza, occasioni per approfondire temi di attualità legati al rispetto e all’attuazione della Costituzione. Settantadue anni non sono bastati ma questa svolta nella posizione della Corte fa sperare in una forte alleanza tra il giudice delle leggi e il movimento a favore dei diritti civili.

Antonella Anselmo, l’avvocata che presentò l’atto di intervento della Rete per la Parità all’interno del procedimento che portò alla sentenza n. 286/2016 citata nell’attuale ordinanza, dichiara: “L’associazione da me patrocinata sta preparando una memoria come amici curiae, pienamente allineata alla prospettiva che si ricava dall’ordinanza. Un atto reso possibile dalle modifiche apportate sotto la presidenza di Marta Cartabia per ascoltare le formazioni sociali senza scopo di lucro e i soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità oggetto di uno specifico giudizio. L’attribuzione del doppio cognome non può essere subordinata alla comune volontà dei genitori poiché uno tra questi, come chiarito dall’ordinanza della Corte, non ha bisogno dell’accordo per far prevalere il proprio cognome. E’ la posizione assunta dalla Rete per la Parità anche durante le numerose iniziative, audizione del 14 febbraio 2017 presso la Commissione Giustizia del Senato, eventi pubblici in occasione dei quattro anniversari della sentenza 286, in numerose manifestazioni pubbliche, memorie e relazioni a convegni. L’associazione organizzerà nei prossimi giorni un Webinar con le costituzionaliste, le magistrate, le esperte anche delle associazioni che fino a ora l’hanno affiancata.”

Per quanto ampia possa essere la dichiarazione di illegittimità da parte della Corte, rimane necessaria la riforma organica del cognome definita indifferibile oltre quattro anni fa. Con la nuova decisione, la Corte ha lanciato il messaggio, ancora più forte di un monito, che la riforma deve essere varata. Una sentenza additiva del Giudice delle leggi non potrà certo regolamentare, ad esempio la trasmissione del doppio cognome alla successiva generazione.

Quanto prima la Rete per la Parità invierà   al nuovo Governo e al Parlamento una pressante richiesta di mettere mano alla riforma basata sui criteri che si ricavano dalla sentenza n.286 del 2016 e da questa ordinanza.

Roma, 12 febbraio 2021

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