1° Maggio 2025 –  La Rete per la Parità – APS sul diritto al lavoro delle donne

In occasione della Festa del Lavoro, Patrizia De Michelis, Presidente dell’associazione, richiama l’attenzione su un tema fondamentale ma ancora troppo trascurato: il diritto al lavoro e la parità di genere, che per molte donne in Italia e nel mondo restano ancora lontani dalla piena realizzazione.

Negli ultimi anni la partecipazione femminile al mercato del lavoro è aumentata ma le disparità permangono e si manifestano in molte forme. In Italia il tasso di occupazione femminile è ancora tra i più bassi d’Europa: nel 2023 ha raggiunto il 52,5%, in crescita rispetto all’anno precedente, ma ben al di sotto della media europea del 65,7%.

Molte donne trovano impiego in settori fondamentali ma spesso sottovalutati, come sanità, istruzione, servizi alla persona, commercio e turismo. Si tratta di ambiti spesso caratterizzati da contratti precari, part-time involontario e scarse possibilità di carriera. Al contrario, nei settori industriali e delle costruzioni, la presenza femminile è ancora marginale: appena il 7,8% degli occupati. (Lavoro, aumenta l’occupazione femminile ma resta la più bassa d’Europa – ilSole24ORE)

Anche l’istruzione, pur rappresentando un importante fattore di accesso al lavoro qualificato, non basta a colmare il divario. Le donne sono mediamente più istruite ma questo vantaggio non si traduce in pari opportunità. Il tasso di occupazione delle laureate resta fermo al 57,3%, ben al di sotto del 78% registrato tra i laureati uomini. (Istat, donne più istruite ma peggiora divario sul lavoro – Lavoro & Sviluppo – Ansa.it)

A tutto questo si aggiunge il peso, ancora oggi squilibrato, del lavoro domestico e di cura. Le donne continuano a dedicare in media oltre 4 ore al giorno a queste attività, contro circa 1,5 ore degli uomini. Un impegno invisibile e non retribuito che limita fortemente le possibilità di carriera e di partecipazione economica.

Le disuguaglianze si acuiscono ulteriormente guardando alle differenze territoriali: se nel Nord Italia il tasso di occupazione femminile raggiunge livelli vicini alla media europea (66,2% in Trentino-Alto Adige), nel Sud e nelle Isole si scende a percentuali drammaticamente basse, come il 33% in Calabria, Campania e Sicilia (Istat, cresce l’occupazione femminile in Italia ma resta il divario tra Nord e Sud https://formiche.net/2025/03/occupazione-femminile-intervento-de-luca/#content)

Per tutte queste ragioni, in questo Primo Maggio vogliamo ribadire ancora una volta che la parità di genere nel lavoro non è solo una questione di giustizia, ma è una condizione imprescindibile per uno sviluppo economico e sociale sostenibile.  Occorre garantire alle donne un accesso equo al lavoro, riconoscere e redistribuire il lavoro di cura e valorizzare il loro contributo in ogni ambito della società.

Nadia Marra, Responsabile Campania Rete per la Parità, ha analizzato le radici culturali e sociali di questo ritardo rispondendo alle domande del giornalista Salvatore De Pascale di BelvedereNews.net. Di seguito, l’articolo completo.

Campania, ultima in Europa per occupazione femminile: un 1° maggio che non è festa

I dati Eurostat sull’occupazione femminile denunciano un divario abissale. In Campania meno di una donna su tre lavora. L’Architetto Nadia Marra, Responsabile Campania Rete per la Parità, ha analizzato le radici culturali e sociali di questo ritardo rispondendo alle nostre domande.

La Campania si aggiudica il triste primato di essere la Regione con il più basso tasso di occupazione femminile d’Europa. I dati Eurostat certificano una realtà lontanissima dagli standard europei e nazionali. Dietro le cifre, un problema profondo di mentalità e di carenza di servizi essenziali.

I dati Eurostat in Campania
Con appena il 32,3% delle donne occupate nella fascia tra i 15 e i 64 anni, la Campania registra il peggior dato d’Europa in termini di partecipazione femminile al mondo del lavoro. Il divario rispetto alla media europea, pari al 66,2%, è impressionante: oltre trenta punti di distanza che parlano di un’emergenza sociale prima ancora che economica.

I risultati delle altre regioni
A seguire, nella graduatoria negativa, si trovano Calabria e Sicilia, a conferma di un Mezzogiorno dove l’occupazione femminile stenta a decollare. Se nel Nord Italia lavora in media il 67% delle donne e il dato nazionale si attesta al 56,5%, nel Sud la media precipita al 39%, trascinata verso il basso proprio dalle Regioni più in difficoltà.

La percezione del lavoro delle donne 
In Campania, nemmeno gli alti livelli di istruzione riescono a colmare il divario. Se da un lato le competenze femminili sono in crescita, dall’altro mancano i contesti lavorativi pronti ad accoglierle e valorizzarle. Il problema, dunque, non si limita alla mancanza di opportunità economiche, ma affonda le radici in un contesto socio-culturale ancora arretrato, dove il lavoro delle donne viene spesso percepito come secondario o accessorio rispetto agli obblighi familiari.

Ne abbiamo parlato con l’Architetto Nadia Marra, Responsabile Campania Rete per la Parità che rispondendo alle nostre domande ha evidenziato le cause profonde di questa situazione e lanciato un appello alle istituzioni.

Sul contesto campano

D: architetto Marra, quanto pesa, a suo giudizio, la cultura tradizionale ancora molto radicata in Campania nel frenare l’accesso delle donne al mondo del lavoro?

«Tanto. Le donne campane riescono molto di più ad affermarsi emigrando in altre Regioni, specie del nord, o all’estero, formate o no, perché trovano un contesto sociale e lavorativo migliore. Certo, le difficoltà e le disparità per le donne esistono anche altrove, ma il contesto campano su molti aspetti è ancora molto arretrato e quindi ostile alle donne.»

Sulle politiche pubbliche

D: secondo lei, quali politiche pubbliche sarebbero più urgenti per cambiare questa situazione? Pensa che servano più incentivi alle imprese o maggiori servizi alle famiglie?

«Servono politiche. Una visione che non sia specifica solo per le donne, ma per il miglioramento delle condizioni di vita in generale. Servono asili nido, mense, strutture per gli anziani. Ma serve anche investire su un sistema di servizi e infrastrutture che sostenga concretamente la vita delle persone. Ad esempio, spesso le donne non possono permettersi un’automobile: senza un trasporto pubblico efficiente, non possono muoversi di casa. Come si può pensare che vadano a lavorare? Le misure di sostegno alle imprese sono relative, se poi il costo per raggiungere il posto di lavoro è alto rispetto al salario, o se un’impresa non ha servizi come una mensa. I servizi alle famiglie sono i servizi pubblici che oggi scarseggiano o funzionano male, ma che, se efficienti, potrebbero fare davvero la differenza.»

Sulla scolarizzazione

D: l’alta scolarizzazione femminile sembra non tradursi in occupazione: crede che sia un problema di mercato del lavoro o anche di scarsa valorizzazione delle competenze da parte degli stessi datori di lavoro?

«Sempre più donne altamente scolarizzate fanno lavori per competenze inferiori rispetto a quelle richieste, questo è un dato. In Campania il problema è che ci sono pochissimi contesti aziendali o pubblici realmente qualificati. Bisognerebbe investire molto di più in ricerca e sviluppo, come ha sottolineato recentemente anche la Svimez.»

La visione di Marra

D: infine, che messaggio si sente di lanciare alle istituzioni regionali e locali in occasione di questo 1° maggio?

«I dati parlano chiaro. Le politiche regionali degli ultimi anni non hanno guardato adeguatamente alle competenze e alle potenzialità delle donne, né sono state di sostegno al loro lavoro. Per il futuro, la politica regionale dovrà essere molto più attenta a tutte le donne. E, permettetemi di aggiungere, ancora più attenta ai grandi talenti femminili che troppo spesso facciamo scappare altrove.»

Le parole dell’architetto Marra fotografano dunque una realtà campana complessa che senza investimenti seri in infrastrutture, trasporti, ricerca e sviluppo, farà si che il lavoro femminile resti un traguardo per poche. Al punto in cui è la Campania, il rischio che lo sforzo accademica per la formazione universitaria di nuovi talenti, non produca i risultati attesi è molto alto.  Ed è così che a molte donne non resta che emigrare in altre regioni italiane o peggio all’estero.

Le idee politiche dei prossimi anni dovranno essere affiancate anche da un cambio di mentalità. Diversamente sarà pressoché impossibile superare l’approccio assistenziale per puntare a creare un ambiente dove le donne possano affermarsi senza dover lasciare i propri luoghi d’origine.

Solo così il Primo Maggio potrà diventare davvero la festa di tutti i lavoratori senza differenze di genere  affinché il lavoro, quello vero, rappresenti un diritto che si fondi su regole certe e condivise e non che continui ad avere il sapore amaro di una concessione.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.