“Riforma organica del cognome: sette anni non sono bastati”: il video del Convegno

Riforma organica del cognome: sette anni non sono bastati

Si terrà mercoledì 8 novembre alle ore 10, presso la Sala Igea dell’Istituto Treccani, il convegno Riforma organica del cognome: sette anni non sono bastati organizzato da italiadecide e Rete per la Parità, per denunciare la mancata approvazione della riforma organica del doppio cognome. Qui la locandina.

A distanza di sette anni dalla prima sentenza della Corte costituzionale n. 286/2016 e di quasi due anni dalla sentenza n. 131/2022 il Legislatore non ha ancora approvato la Riforma necessaria per allineare l’ordinamento all’aboli-zione del patronimico, dichiarato in contrasto con la Costituzione.

Il convegno sarà l’occasione per approfondire con esperte/i, parlamentari, associazioni, le modifiche necessarie, comprese quelle del cognome della donna coniugata, per rispettare i principi fondamentali della tutela dell’identità e della parità tra i sessi sanciti dalla Costituzione. Vedi gli atti del Convegno a Milano del 30 settembre 2022.

L’evento potrà anche essere seguito in diretta streaming sul Canale YouTube Treccani Channel, su Radio Radicale e sull’evento Facebook.

In ricordo di Irene Giacobbe di pensiero e azione femminista

Audizione della Rete per la Parità sulle proposte di Legge per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica

Buon lavoro alla Commissione d‘indagine sulla violenza contro le donne.

Il 30 agosto si riunirà l’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione bicamerale d‘indagine sulla violenza contro le donne, presieduta dall’ on.le Martina Semenzato.

Inizia la fase operativa della Commissione e immaginiamo che quel giorno sarà concordato un calendario delle riunioni con i temi da trattare. Tra i primi crediamo ci sarà quello di come impostare i lavori per seguire con la necessaria tempestività l’iter in Parlamento del Disegno di legge C 1294 “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”, approvato il 7 giugno scorso dal Consiglio dei ministri e depositato alla Camera in agosto.

Con il provvedimento, il Governo intende:
• velocizzare le valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio o di reati di violenza contro le donne o in ambito domestico;
• rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva;
• rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva;
• migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza.

Il problema del deposito alla Camera anziché al Senato che avevamo segnalato in un nostro articolo sulla Stampa è stato affrontato dai 2 presidenti. Già all’inizio di settembre, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, dovrebbe iniziare l’esame della proposta governativa in Commissione Giustizia Camera, insieme con la proposta C 439 dal titolo e contenuto analogo, di cui è prima firmataria l’ex ministra Bonetti.

Dopo l’approvazione da parte della Camera il testo potrebbe arrivare al Senato in tempi brevi, tenuto conto delle dichiarazioni sull’urgenza che accompagnarono già l’approvazione a giugno del DDL in Consiglio dei ministri, e la disponibilità anche dei gruppi dell’opposizione.

Ci auguriamo che parallelamente la Commissione possa predisporre un atto di indirizzo con le proprie indicazioni al riguardo che potrebbe essere utile, considerata la complessità dell’intervento.

Questa la composizione della Commissione:
Presidente – Martina Semenzato (Noi moderati).
Vicepresidenti – Cecilia D’Elia (PD) e Laura Ravetto (Lega).
Segretarie – Luana Zanella (deputata di Avs) e Elena Leonardi (Senatrice FDI).
Membri Senatori: Renato Ancorotti, Michaela Biancofiore, Anna Bilotti, Susanna Donatella Campione, Giulia Cosenza, Ilaria Cucchi, Anna Maria Fallucchi, Annamaria Furlan, Alessandra Maiorino, Clotilde Minasi, Daniela Sbrollini, Daniela Ternullo, Elena Testor, Paolo Tosato, Julia Unterberger, Valeria Valente.
Membri Deputati: Cristina Almici, Stefania Ascari, Maria Cristina Caretta, Maria Rosaria Carfagna, Rita Dalla Chiesa, Sara Ferrari, Antonella Forattini, Renate Gebhard, Valentina Ghio, Elisabetta Christiana Lancellotta, Simona Loizzo, Daniela Morfino, Annarita Patriarca, Paolo Pulciani, Immacolata Zurzolo.

Quelle donne uccise e i ritardi della politica

Il 21 agosto in prima pagina su La Stampa è stato pubblicato l’articolo della nostra Presidente onoraria Rosanna Oliva de Conciliis “Quelle donne uccise e i ritardi della politica” e nello spazio “In primo piano”, insieme con l’articolo di Maria Berlinguer “Schlein- Legge bipartisan sui femminicidi”, il suo commento “L’esame della norma passi subito al Senato così faremo prima ad arginare le violenze” .

Come Rete per la Parità ringraziamo ancora una volta La Stampa che sta seguendo con grande attenzione l’iter della legge contro la violenza sulle donne, a dimostrazione del ruolo prezioso e indispensabile dei mass media in questa vicenda.

Ai link sottostanti è possibile consultare gli articoli pubblicati su La Stampa in precedenza.

15 agosto 2021: una data che resterà nella storia

15 agosto del 2021, i talebani riprendevano il controllo di Kabul dopo venti anni di presenza occidentale. Non dimenticherò mai le persone in fuga che si aggrappavano agli aerei in partenza, il tentativo disperato dei genitori che passavano oltre la rete i figli, le centinaia di persone bloccate nel tentativo di fuga.

Era solo l’inizio di una crisi umanitaria e di diritti che vede i talebani, nel secondo anniversario del loro ritorno al potere, pronti, come dichiarano in un loro comunicato, a resistere a qualsiasi minaccia all’indipendenza del Paese

ANSA

Secondo l’Onu “le politiche imposte al popolo afghano hanno portato alla continua, sistematica e scioccante soppressione di una moltitudine di diritti umani, compresi i diritti all’istruzione, al lavoro e alle libertà di espressione, riunione e associazione”. È quanto hanno dichiarato 30 esperti delle Nazioni Unite che hanno rivolto un appello alla comunità internazionale a impegnarsi per sostenere il popolo afghano che vive in una gravissima crisi umanitaria. 

Si stima che 16 milioni di bambini non ricevano cibo di base o assistenza sanitaria e siano quasi 30 milioni, il massimo storico, gli afghani bisognosi di assistenza. Questa recessione economica, hanno sottolineato gli esperti, favorisce pratiche dannose, discriminatorie, oppressive e violente, come il matrimonio forzato e infantile, l’abuso e lo sfruttamento economico e sessuale, la vendita di bambini e organi, il lavoro forzato minorile, la tratta di esseri umani. 

“Le politiche imposte al popolo afghano hanno portato alla continua, sistematica e scioccante soppressione di una moltitudine di diritti umani, compresi i diritti all’istruzione, al lavoro e alle libertà di espressione, riunione e associazione”. 

Gli esperti si sono espressi sulla base di “rapporti coerenti e credibili di esecuzioni sommarie, sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie, torture e sfollamenti arbitrari”. “I più colpiti sono le donne e le ragazze, le minoranze etniche, religiose e di altro tipo, le persone con disabilità, le persone Lgbt+ . Anche i difensori dei diritti umani e altri attori della società civile, giornalisti, artisti, educatori ed ex funzionari governativi e di sicurezza”. 

“Le donne sono state persino private dell’opportunità di trovare conforto in alcuni dei loro spazi, come i saloni di bellezza frequentati e gestiti da donne, a cui è stato recentemente ordinato di chiudere i battenti” hanno spiegato gli esperti.  Inoltre, le autorità de facto hanno introdotto l’uso di punizioni crudeli e indegne, come la lapidazione, la fustigazione e la sepoltura sotto un muro, in violazione degli standard internazionali sui diritti umani, hanno detto, aggiungendo che l’idea di un talebano “riformato” si è dimostrata sbagliata.

Come evidenziato nell’analisi dell’ISPI. integrata dal commento di Giuliano Battiston, l’occidente, dopo due anni non ha ancora individuato quale strategia adottare che vada al di là delle restrizioni.

Due anni di dominio talebano in Afghanistan  | ISPI (ispionline.it)

L’Afghanistan a due anni dal ritorno dei talebani | ISPI (ispionline.it)

Rosanna Oliva de Conciliis, presidente onoraria della Rete per la Parità

Il femminicidio non va in ferie

Di seguito il commento della Presidente onoraria della Rete per la Parità, Rosanna Oliva de Conciliis, pubblicato su La Stampa lo scorso 4 agosto.

Come Rete per la Parità ringraziamo La Stampa per la grande attenzione che dedica al tema del contrasto alla violenza contro le donne che, giorno dopo giorno, assume aspetti sempre più drammatici ed inquietanti.

Abbiamo letto proprio ieri l’articolo da voi pubblicato, a firma di Linda Laura Sabbadini che invita a tenere alta l’attenzione sul tema con fondate argomentazioni. Condividiamo, inoltre, pienamente, quanto esposto da Elisa Ercoli, Presidente di Differenza Donna, nell’appello da Voi pubblicato il 31 luglio scorso.

La Rete per la Parità, Associazione di promozione sociale, che dal 2010 persegue l’obiettivo della parità formale e sostanziale uomo-donna sancita dalla nostra Costituzione – ha sempre posto il tema della violenza contro le donne tra quelli di prioritaria rilevanza e ha  monitorato nelle varie legislature l’impegno assunto al riguardo dal Governo e dal Parlamento.

In particolare, ha seguito anche  il DDL approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 giugno scorso, iniziativa lanciata con grande enfasi dai Ministri Pari Opportunità, Giustizia e Interno.  Al riguardo l’8 giugno Rete per la Parità ha diramato sul proprio sito e sui social, una nota di commento riguardante l’iter del provvedimento, il suo contenuto e le integrazioni indispensabili, ed ha sostenuto l’urgenza di rendere operativa la Commissione Parlamentare di indagine sul femminicidio.

Un’anticipazione dell’iniziativa del Governo è stata pubblicata sul sito della Presidenza del Consiglio e oggetto delle dichiarazioni dei tre Ministri che si auguravano un sollecito iter del provvedimento in Parlamento. In realtà se c’è qualcuno da sollecitare è proprio il Governo, perché a distanza di circa due mesi, il DDL di iniziativa governativa non risulta ancora tra quelli all’esame delle Camere. Il Parlamento sta per andare in ferie, ma in ferie non vanno certo le donne sottoposte a violenza e al rischio di essere uccise. Anche il Governo per tradizione non va in ferie e, come Rete per la Parità, non vogliamo neanche immaginare che alla ripresa dei lavori il DDL non sia stato ancora depositato. Sarebbe questa la dimostrazione che il Governo ha altre priorità e sul contrasto alla violenza si limita agli annunci.

Nel frattempo, le Camere hanno insediato la Commissione parlamentare di indagine sul femminicidio, a distanza di cinque mesi dalla legge istitutiva (febbraio 2023) e dopo essere stata annunciata con molta enfasi proprio in occasione del 25 novembre 2022, giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne.

Invece la Commissione è diventata operativa solo il 27 luglio con l’elezione dell’Ufficio di Presidenza. Anche in questo caso, però, la situazione appare preoccupante. Nonostante la positiva esperienza nella scorsa legislatura della Commissione di indagine sul femminicidio istituita presso il Senato avesse dimostrato che l’unanimità è necessaria nell’impegno su un tema così vasto, trasversale e importante come la violenza contro le donne, questa nuova Commissione bicamerale parte col piede sbagliato. La Presidente Martina Semenzato di Noi Moderati è stata, infatti, eletta senza la partecipazione al voto delle parlamentari del Movimento 5 Stelle. La Commissione doveva andare alle opposizioni, ma questa  maggioranza ha voluto farla propria.

La Rete per la Parità si augura, che la Commissione possa, nonostante tutto, lavorare efficacemente come la precedente.

Cognomi: un’altra sentenza della Corte costituzionale in attesa della Riforma organica

Dopo la sentenza n. 131/2022 la Corte costituzionale torna ad esprimersi in materia di cognome, a tutela dell’identità personale dell’adottato maggiorenne.

Grazie alla sentenza n. 135 del 2023, l’adottato maggiorenne potrà aggiungere il cognome dell’adottante al proprio. Non sarà più obbligato ad anteporre il cognome dell’adottante, quando ciò serva a tutelare il suo diritto all’identità personale e anche l’adottante sia favorevole a tale ordine dei cognomi.

La Corte ha ritenuto che l’art. 299, primo comma, del codice civile sia lesivo degli artt. 2 e 3 Cost. «nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere, anziché di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore d’età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto».

È quanto si legge nella sentenza pubblicata il 4 luglio scorso (redattrice la giudice Emanuela Navarretta).

La nostra associazione prosegue nelle iniziative finalizzate a far approvare la legge con la Riforma organica del cognome, più volte sollecitata dalla Corte costituzionale. – dichiara Rosanna Oliva de Conciliis, Presidente onoraria della Rete per la Parità e aggiunge – Tenuto conto di questa nuova sentenza, le proposte finora presentate in Parlamento dovranno essere integrate.”.

Prime donne in un mondo dispari. Storie di legge e di giustizia

Chiara Volpato, responsabile nazionale del Coordinamento Donne ACLI, ha aperto l’incontro “Prime donne in un mondo dispari: storie di legge e di giustizia”. In un luogo simbolico come la Corte di Cassazione, le Acli hanno voluto ripercorrere le conquiste a livello legislativo che le donne hanno raggiunto per accedere al mondo delle professioni giuridiche e ottenere alcuni diritti fondamentali: un percorso non compiuto e ancora pieno di ostacoli, come testimonia l’attuale disparità salariale e lavorativa tra uomini e donne, certificata dalla recente ricerca Acli “Lavorare dis/pari”.  

Maria Enza La Torre, consigliera del Comitato Pari Opportunità Corte di Cassazione, ha affermato: “Dobbiamo ancora batterci per il diritto al lavoro delle donne, un lavoro che dia i giusti riconoscimenti e il giusto salario, senza dover per forza rinunciare agli impegni familiari”.

Al convegno hanno partecipato anche gli sceneggiatori della serie Netflix “La legge di Lidia Poët”, che ha fatto conoscere al grande pubblico la storia di questa donna fuori dal comune. Elisa Dondi ha raccontato: “Il personaggio di Lidia è proiettato nel futuro e questo è tipico di chi combatte per un ideale. Ho scelto di scrivere questa sceneggiatura per Lidia, ma anche perché avevo bisogno di lavorare. Lei ci ricorda che mettere al centro la propria indipendenza economica significa essere libera. Questo è dirompente nella sua semplicità”. Il creatore e sceneggiatore della Serie Netflix, Guido Iuculano, ha spiegato: “Abbiamo cercato di raccontare con ironia come una ragazza dell’Ottocento che studia per tanti anni, poi non può esercitare la sua professione; si innamora, ma sa che se si sposa perde la libertà”. Lo sceneggiatore Davide Orsini, ha aggiunto: “Lidia ha lavorato nell’ombra come assistente del fratello per trent’anni perché non poteva entrare in aula. Ha fatto con resilienza, giorno per giorno, il lavoro che le era stato negato. Per noi è diventata l’emblema di tutti gli emarginati, di tutti quelli a cui viene detto: “tu non puoi fare questa cosa”.

A ripercorre la biografia di Lidia Poët è stata Chiara Viale, avvocata, partner A&A Studio Legale e autrice del libro “Lidia e le altre. Pari opportunità ieri e oggi: L’eredità di Lidia Poët”: “Rappresenta un modello di ruolo per la straordinaria visionarietà, per la determinazione e il coraggio con cui non rinuncia al suo sogno. Nasce in una famiglia agiata e abbastanza liberale da consentirle di studiare all’estero e imparare quattro lingue. Dopo la laurea in giurisprudenza nel 1881, per esercitare la professione, doveva iscriverci all’Albo. L’Ordine degli Avvocati, accertato che c’erano tutti i requisiti decide di accettarla, ma il procuratore del re chiede l’annullamento. Di fronte a questo, ricorre in Cassazione che certifica che esiste una disparità naturale tra uomo e donna. L’avvocatura ha un carattere marcatamente virile: è l’anticamera del potere politico. La paura vera era quella che le donne ottenessero il diritto di voto. Lidia si batte per questo diritto e per il miglioramento delle condizioni dei detenuti. Ancora oggi il reddito medio delle donne è il 50% inferiore a quello degli uomini”.

Ospite d’onore del convegno è stata Rosanna Oliva De Conciliis, presidente onoraria della Rete per la Parità APS. Nel 1960 presentò ricorso presso la Corte Costituzionale, dopo il rifiuto del Ministero dell’Interno di ammetterla al concorso per la carriera prefettizia in quanto donna. La sentenza della Consulta fu una decisione storica perché permise alle donne l’accesso a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, compresa la Magistratura, senza limitazione di mansioni e di carriera. “Secondo i dati World Economic Forum sono necessari ancora 132 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale. Noi non ci arrenderemo, lo dobbiamo alle bambine di oggi, perché una volta adulte non debbano più scegliere tra lavoro e famiglia, tra carriera e figli. Il mio augurio è che tutte le giovani donne del futuro siano felici di essere donne”, ha detto Rosanna Oliva De Conciliis.

A concludere il convegno è stata Paola Di Nicola Travaglini, magistrata presso la Corte di Cassazione: “Siamo in una condizione nella quale abbiamo bisogno che voi uomini prendiate parola, ma siete muti. Le donne restano ospiti in molti contesti della società. Ci è stata imposta l’omissione del femminile, anche attraverso il nome. Ho impiegato tre anni per acquisire il cognome di mia madre: la struttura sociale e giuridica non riconosce che siamo anche figlie e figli di una madre. Abbiamo letto le motivazioni con cui a Lidia Poët è stato impedito di esercitare la sua professione: sono gli stessi stereotipi e pregiudizi che troviamo nelle nostre sentenze quando assolviamo gli uomini autori di violenza, le stesse parole che si leggono sui giornali quando si racconta un femminicidio. Le donne, quando mettono in discussione un ordine, sono esagerate, bugiarde, incapaci di razionalità. Tutti abbiamo un potere e una capacità trasformativa: l’articolo 3 della Costituzione di fatto è realizzabile solo se ognuno di noi ci mette il proprio”.

Dal comunicato stampa di Acli.it

Ecco una breve galleria dell’evento.